Dialogo e democrazia
Gran parte della sofferenza umana è sofferenza relazionale, dovuta all’incapacità di comunicare in modo autentico.
Comunicare significa mettere in comune, condividere, aprirsi, dando valore e spazio ad altri punti di vista, sentimenti, bisogni. Presuppone disponibilità a riconoscere le ragioni dall’altro e a vedere le cose dal suo punto di vista.
Dialogare significa uscire dal proprio egocentrismo cognitivo ed emotivo, abbandonando il proprio narcisismo.
Per definizione, la comunicazione autentica indebolisce l’attaccamento ai propri interessi, e stimola l’attenzione ai valori comuni.
Il dialogo quindi facilita la relazione amichevole, il rapporto, l’evoluzione.
Presuppone dedizione alla verità, intesa come allargamento della comprensione condivisa, onestà d’intento e integrità. In questo senso è una pratica educativa. Il dialogo è sinonimo di comunicazione: lo scopo non è vincere una battaglia, ma arricchire la comprensione a vantaggio di tutti i partecipanti. La discussione è diversa dal dialogo. In lei lo scopo non è raggiungere la verità, ma vincere sull’altro, ottenere il consenso.
Una democrazia, basata sulla discussione accanita, alimenta la distanza tra le parti e l’arroccamento sulle loro posizioni e interessi. Tende a radicalizzare i conflitti, focalizzando l’attenzione sulle differenze, fino magari a delegittimare alcune parti o ad escluderle dall’effettivo diritto di parola.
Una democrazia centrata sul dialogo e sull’ascolto reciproco, invece, produce un cambiamento, o meglio, una sorta di educazione delle persone e delle parti: tende ad avvicinarle e a renderle amiche. Tende a ridurre lo spazio della competizione e ad allargare lo spazio della cooperazione; a contenere lo spazio del privato e ad incrementare lo spazio del pubblico; a frenare l’individualismo e a stimolare la ricerca del bene comune.
La discussione, come battaglia tra avversari, si accompagna facilmente all’inganno, alla deformazione della verità, alla menzogna. In guerra, tutti i mezzi diventano leciti. La falsità è parte integrante della guerra. Ecco perché Lenin può dire: la politica è la continuazione della guerra con altri mezzi.
La discussione crea sospetto e inimicizia.
Il dialogo, invece, è favorito, e a sua volta favorisce, la sincerità e l’onestà.
Nessuno perde, nessuno vince da solo. Si vince o si perde tutti insieme.
La pratica del dialogo, in famiglia, nella coppia, in gruppo, genera una comprensione empatica dei diversi bisogni e punti di vista, fornendo la base del rispetto reciproco, del comportamento etico, dell’azione ecologica. Ove vi è conflitto, la pratica del dialogo può riportare la pace. Ma non è semplice da attuare: richiede consapevolezza, impegno e allenamento.
Il medesimo principio vale all’interno di qualsiasi organizzazione, compresa quella statale. E l’esperienza insegna che i paesi prosperano nei periodi in cui vi è pace sociale.
Dal momento che tutti ne trarrebbero vantaggio, che cosa impedisce di trasformare la democrazia basata sulla discussione e sul conflitto, in democrazia del dialogo? In altre parole, che cosa impedisce di ricercare il bene comune invece di sprecare un’enorme quantità di risorse in faticose battaglie?
La risposta comune è semplice e chiara: lo impedisce l’interesse di chi gode di privilegi, di chi ha potere, di chi ha più denaro. Nessuno ama perdere le proprie posizioni di vantaggio.
Risposta apparentemente ineccepibile. Qual è la visione che sta dietro questa risposta? Una visione pessimista della natura umana: homo homini lupus.
Il narcisismo e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, quindi, è considerato un fatto naturale, cui si può porre fine, se mai è possibile, solo se gli sfruttati ne diventano pienamente consapevoli e, unendosi, si ribellano con la forza.
La pratica del dialogo presuppone, invece, che nessuno pretenda di conoscere la verità in anticipo: ad essa si può giungere solo per gradi, attraverso un processo di comunicazione onesta tra persone, disponibili a mettere in discussione le proprie idee. Ogni forma di dogmatismo o di mistificazione è un ostacolo che rende impossibile il dialogo.
Mauro Scardovelli
2007
Tag:Democrazia, Dialogo